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messi che in seguito gli sarebbero serviti ai suoi scopi.

Ottenuto il suo alto incarico, il Drovetti si adopra a rinnovare il paese, che versava in con-

dizioni di grande indigenza. Riforma quindi l'esercito secondo criteri più moderni, si occupa

ad ammodernare l'industria e l'agricoltura; inoltre, cosa di grande rilevanza sociale, prov-

vede a far vaccinare la popolazione contro una piaga che da sempre affliggeva l'Egitto: il

colera.

Nel 1811 avviene in Egitto un fatto incredibile, che la dice lunga sulla personalità di Moham-

med Alì. Allo scopo di rafforzare il suo potere e di liberarsi da scomodi oppositori, fa truci-

dare in un sol colpo circa 500 capi del gruppo sociale dei Mamelucchi; erano costoro una

milizia turca che, insediatasi in Egitto nel XIV secolo dapprima come formata da schiavi,

aveva acquisito man mano sempre più potere e da lungo tempo spadroneggiava nel paese.

Una tecnica che oggi ci lascia allibiti, ma che nel corso della storia, antica e moderna, si è

dimostrata essere poi non troppo rara.

Nello stesso anno il Drovetti si rivolge alla ricerca di antichità egizie. Era quella l'epoca in

cui i vari consoli accreditati presso il viceré si dedicavano a raccogliere reperti dell'Antico

Egitto. Vediamo così all'opera il console inglese Salt (che per le sue ricerche si avvale della

collaborazione del padovano Gianbattista Belzoni), quello prussiano, Minutoli, quello au-

striaco, Acerbi, ed altri ancora. In tale contesto agisce anche il nostro Drovetti, il quale per

il suo scopo impiega principalmente lo scultore marsigliese J.Jacques Rifaud ed il conter-

raneo Antonio Lebolo. I metodi di scavo sono quelli dell'epoca, miranti sostanzialmente ad

acquisire pezzi 'belli' e trascurando del tutto le esigenze di tipo archeologico, per cui si può

parlare con cognizione di causa di un vero e proprio saccheggio. Inoltre autorità locali sono

ben disposte a concedere permessi di scavo, quasi fossero desiderosi di sbarazzarsi di que-

gli, a lor dire, inutili oggetti senza valore. Però, bisogna riconoscere anche che non tutto il

male viene per nuocere, in quanto la maggior parte dei reperti recuperati in tal modo furono

venduti a istituzioni museali o a privati, sottraendoli così ad una probabile distruzione e

consegnandoli alla cultura mondiale.

La concorrenza fra i vari scavatori era fortissima, per cui avvenivano lotte accanite fra di

loro, adottando il più delle volte mezzi scorretti e spregiudicati, e facendo talora ricorso

anche alle armi. Sia come sia, il Drovetti riesce ad accumulare un numero cospicuo di reperti

e li deposita nella sua villa ad Alessandria d'Egitto.

Intanto la situazione politica in Europa volgeva a drammatici cambiamenti: la stella di Na-

poleone cessava di brillare definitivamente a Waterloo nel 1815 e veniva imposta la Restau-

razione. In seguito a tali eventi il Drovetti, compromesso col regime di Napoleone, viene

destituito dal suo incarico di console di Francia e sostituito con altri personaggi. Costoro

però non si dimostrano all'altezza del gravoso compito sicché il Drovetti, nel 1820, viene

reintegrato nel suo ruolo consolare. Nel frattempo si era dedicato ad altre attività, non ul-

tima quella di cercare di vendere la sua ricca collezione di reperti onde recuperare le spese

fatte e trarne anche ricco guadagno. A tal fine nel 1816 la offre in vendita ai suoi vecchi re-

gnanti, i Savoia. La collezione è magnifica, la più grande ed imponente mai raccolta, tuttavia

il prezzo richiesto è eccessivo per le magre finanze dell'erario piemontese per cui, seppur

a malincuore, i Savoia rinunciano.

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