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troppo sono andati perduti non essendo stato
tecnicamente possiblie smontarli e recuperarli
al pari delle altre strutture del tempio, rimosse
per intervento dell'UNESCO nel 1974 e traspor-
tate sulla vicina isola di Agilkia.
Molti studi sono stati compiuti anche sul
processo di cristianizzazione che ha riguar-
dato, in epoca copta, i monumenti di Karnak,
in particolare si ricorda l'articolo di Père Mi-
chel Jullien
1
ed Henri Munier, in collaborazione
con Maurice Pillet
2
.
Più recentemente, un articolo pubblicato da
René Georges Coquin sul bollettino dell'
Insti-
tut Français d'Archéologie Orientale
3
, appro-
fondisce ulteriormente gli argomenti già trat-
tati dai suoi predecessori sulla base di
osservazioni compiute durante un soggiorno
nel marzo del 1970. Purtroppo, come lo stesso
autore sottolinea
4
, lo serramento ed i succes-
sivi restauri hanno fatto sparire gran parte
delle testimonianze che attestano la cristianiz-
zazione che ha interessato il complesso monu-
mentale, tuttavia, alcune tracce non prive di
interesse sono ancora presenti all'interno della
Sala delle Feste di Thutmosi III, nel tempio di
Amenothep II e in quelli di Khonsu ed Opet.
Il tempio delle Feste di Thutmosi III o Akh
Menu
(fig. 8)
, venne edificato dal sovrano della
XVIII dinastia come memoria a sé stesso ed al
suo culto ancestrale. L'edificio, il cui nome egi-
ziano è infatti Men-Kheper-Ra Akh Menu
(Thutmosi III è splendido di monumenti) sorge
ad est del cortile del Medio Regno e si confi-
gura all'interno della cinta templare come una
struttura complessa ed inusuale: l'ingresso era
posto al termine del lungo corridoio formato
dai due muri di cinta che hanno radice nel V
Pilone. L'accesso, secondo una forma con-
nessa con il culto regale, ed in particolare con
il giubileo hb-sd, era in origine fiancheggiata
da due statue colossali del re in abiti festivi e
conduceva in un'anticamera con magazzini ed
altre sale sulla destra e alla grande sala colon-
nata del tempio sulla sinistra.
La sala basilicale, nota appunto nella tradi-
zione archeologica come “sala delle Feste”, era
chiamata anche, in egiziano, “sala interna”
(hrt-ib) e presenta un asse principale trasver-
sale rispetto a quello generale del tempio di
Karnak: il soffitto era supportato sul perimetro
da pilastri quadrati e, nella sezione centrale,
da colonne poste ad imitazione degli antichi
pali per tende, forse allo scopo di simboleg-
giare le tende militari, familiari ad ogni faraone
guerriero. Riutilizzata in epoca cristiana come
chiesa, la sala ipostila conserva ancora parte
delle pitture sacre con cui erano state deco-
rate le colonne.
Secondo le teorie esposte da Jullien, l'al-
tare doveva trovarsi originariamente in fondo
alla navata centrale, posto contro la parete
nord
5
.
C U L T U R A
Fig. 7
- Philae. Rilievi sfregiati sulle torri del Secondo Pilone.
Fig. 8
- Karnak. Pianta del tempio di Amon-Ra.
4 R.C.Coquin, cit. p.168.5
Les édifices Chrétiens de Karnak
, in
Rev. Eg. Anc
. 2 (1929), pp.58-88.
5 Jullen, art. cit., p.246.