I furti nelle tombe
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Alberto ELLI
1.
I
NTRODUZIONE
La XX dinastia, la dinastia dei Ramessidi, è conosciuta soprattutto per le grandi opere che ha saputo
realizzare; nella zona di Tebe molteplici sono i monumenti che questi sovrani hanno innalzato per la gloria
dei loro dèi e per tramandare il ricordo di sé. Il tempio di Medinet Habu, costruito da Ramesse III, ancor oggi
riempie di stupore quanti si aggirano attorno ad esso o entrano nelle sue sale interne più sacre, per la sua
grandezza e perfezione di esecuzione, per i grandiosi riquadri storici e religiosi scolpiti sulle sue immense
pareti. Nella Valle dei Re la tomba di Ramesse VI lascia attoniti, per la sua grandiosità architettonica e la
complessità delle sue raffigurazioni, quanti si addentrano nel cuore della montagna, corridoio dopo corridoio,
per raggiungere infine la maestosa camera tombale.
Davanti a simili opere, e queste citate non sono che due di un numero sterminato di esempi, si potrebbe
pensare, seguendo l’opinione comune, che gli antichi Egizi fossero degli uomini fuori dall’ordinario, quasi
dei semidei, a loro agio con il grandioso, lontani dalle reali contingenze di una normale vita quotidiana.
Nulla di più assurdo e irreale. Per chi sa leggere la sconfinata messe di documenti che il clima
favorevole e la sorte ci hanno trasmesso, l’immagine dell’Egitto che ne esce è diversa, più umana, più a
nostra misura. Accanto a realizzazioni che ancor oggi destano stupore e ammirazione, appaiono eventi che ci
mostrano gli antichi Egizi nella loro più vera umanità. Intorno alla metà del XIX secolo è venuta alla luce
una serie di documenti relativi ad avvenimenti risalenti agli ultimi regni della XX dinastia, sotto i sovrani
Ramesse IX, Ramesse X e Ramesse XI. La lettura di questi papiri, atti giudiziari relativi ai cosiddetti “furti
nelle tombe” all’Occidente di Tebe, questioni che si potrebbero a ragione definire quasi “affari di Stato” per
la “delicatezza” dell’argomento e per l’ampiezza che tali fatto hanno raggiunto, veri
dossier
ricchi di dettagli
e non di semplici e vaghe allusioni testuali, ci offre una delle pagine più vive e intriganti dell’antico Egitto,
uno spaccato affascinante del mondo pittoresco della vita quotidiana, con le miserie e le grandezze di uomini
che in nulla sono diversi da noi, nonostante così tanta acqua sia scorsa da allora nel pacioso letto del Nilo a
Tebe. Cupidigie, gelosie, antagonismi, invidie, compromessi, connivenze, corruzioni (in particolare tra
coloro, come sacerdoti, poliziotti e ufficiali giudiziari, ai quali spettava il compito di sovrintendere alla
custodia delle tombe della Necropoli), amore del denaro e del potere, parzialità di giudici, ma anche
desiderio di giustizia, orrore davanti alla dissacrazione di ciò che era ritenuto sacro e inviolabile, voglia di
riscatto morale: nelle sue debolezze e nelle sue grandezze l’uomo di tremila anni fa era,
mutatis mutandis
,
sostanzialmente uguale a quello di oggi (se si scrivesse un resoconto delle nostre squallide “tangentopoli”
non si potrebbe fare di meglio); ed è proprio questo che ce lo rende ancor più simpatico e più vicino.
Sono proprio questi documenti che vogliamo qui presentare: nella trascrizione geroglifica (i papiri
originali sono, ovviamente, scritti in ieratico), correlata di traslitterazione, traduzione italiana e un breve
commento grammaticale. Lo scopo è quello di condurre il lettore alla scoperta di un mondo quasi
sconosciuto ma interessantissimo, dove l’anima vera dell’uomo egizio traspare in ogni parola.
Ancora una volta, si tratta della raccolta di testi tradotti, alcuni direttamente dallo ieratico, nel corso
degli anni con i miei appassionatissimi studenti, rivisti e corretti e offerti a tutti quanti amano l’Egitto.
“
(Poi) ricominciai con questa abitudine di rubare nelle
tombe dei nobili e degli Egiziani che riposano nell’Ovest di
Tebe, fino ad oggi, insieme con gli altri ladri che sono con
me. E una gran quantità di Egiziani ruba in esse
ugualmente, essendo nostri compagni
”
(Papiro Leopold II - Amherst 3.5-7)