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Trovarsi a scrivere un editoriale con le immagini e le notizie di un mondo

ferito dalla guerra, non è una cosa facile. La banalizzazione delle emo-

zioni che spinge repentinamente a schierarsi da una parte o dall’altra,

come se avessimo a disposizione ogni informazione necessaria per po-

ter emettere il nostro oracolo, l’ho sempre trovata deleteria e superficia-

le, oltre che inutile. Un po’ come valutare l’ultimo schiaffo che viene dato

senza sapere come si è sviluppata l’intera rissa.

Le contraddizioni si sprecano e gli ossimori si rincorrono in un vorticoso

susseguirsi di eventi che fanno paura e sconvolgono il nostro quotidiano

e quieto vivere, le nostre abitudini, le nostre certezze.

Mi ha colpito molto in questi giorni la reazione composta dei francesi, il

richiamo alla solidarietà fatto dalle loro istituzioni e il desiderio di rimane-

re un Paese solidale, aperto, libero; valori che sono parte integrante del

loro essere Nazione e che proprio per questo il terrorismo ha probabil-

mente preso di mira.

Mi ha invece scosso l’odio profondo che ho colto in molte dichiarazioni

di “non francesi”, che hanno da subito individuato un nemico preciso e

vorrebbero eliminarlo dalla faccia della terra senza nessuna riflessione,

senza nessun desiderio di capire: l’islam.

Mi ha lasciato sgomento come ogni tentativo di riflessione o di compren-

sione dei fatti in senso più ampio, sia stato considerato come una dichia-

razione di complicità con quel pensiero cancerogeno che è il terrorismo,

considerando la guerra e la chiusura totale dell’Occidente rispetto all’O-

riente le uniche soluzioni praticabili, mettendo tutti assieme terroristi e

uomini disperati che fuggono da una guerra che di certo non hanno mai

chiesto di subire.

Nel mondo vivono pacificamente un miliardo e seicento milioni di mus-

sulmani che praticano la propria religione privatamente (come dovreb-

be essere praticata ogni religione), ma se sommiamo assieme Al Qaeda,

Boko Aram e l’Isis arriviamo allo 0,003% del totale di coloro che profes-

sano l’Islam. Possiamo davvero ignorare questo dato così importante?

E riguardo l’efficacia della guerra, possiamo ignorare che in Afganistan

e in Iraq hanno guerreggiato per anni e anni gli eserciti più potenti, più

addestrati e meglio armati di tutto il mondo fino a pochissimo tempo fa?

Possiamo ignorare i pessimi risultati che abbiamo ottenuto con queste

guerre? Come possiamo non riflettere sul fatto che l’Isis è nata, già adul-

ta e ben armata tra l’altro, e ha cominciato la propria espansione militare

proprio dall’Iraq, luogo di intense attività di guerra, all’indomani del riti-

RUMORI DI GUERRA

Paolo

Bondielli

EDITORIALE