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casualmente, nei magazzini del Museo di Storia Naturale di Pisa è stata

ritrovata una cassa contenente uno scheletroperfettamente conservato;

sul cranio dell’individuo è stata letta un’iscrizione che attribuiva la mum-

mia al materiale recuperato da Rosellini nel 1828. Il caso ha voluto che

proprio mentre si restituiva alla luce il prezioso scheletro lasciato tra le

polverose stanze del deposito, la Professoressa Marilina Betrò, presiden-

te del Sistema Museale d’Ateneo di Pisa e docente di Egittologia, abbia

pubblicato gli esiti di alcuni suoi studi condotti su documenti di scambio

epistolare tra Rosellini ed il Granduca Leopoldo II e conservati presso

l’archivio di Praga; incrociando i dati ricavati dalla lettura di questi docu-

menti con lo studio dell’iscrizione sul cranio dello scheletro, si svelava

finalmente il mistero della sorte toccata alla tanto agognata undicesima

mummia di cui si era persa ogni traccia. Dalle carte d’archivio esaminate

si è infatti dedotto che i danni provocati dall’acqua e

dall’umidità spinsero Rosellini ad una decisione sof-

ferta: la mummia non sarebbe stata donata al Gran-

duca, ma sarebbe stata offerta all’amico Paolo Savi,

all’epoca direttore del Museo di Storia Naturale della

Certosa di Calci. Così, grazie alla generosa donazione,

fu possibile studiare la mummia che venne spogliata

delle bende e lo scheletro fu restaurato.

A questo punto, pienamente consci di trovarsi al co-

spetto di Kenamun e consapevoli di aver recuperato

il reperto mancante della spedizione franco-toscana,

mancava soltanto un dato per ricomporre tutto il

puzzle, ossia: che fine aveva fatto il sarcofago? Dove

si trovava? Ma soprattutto: possibile che fosse andato

distrutto oppure si era conservato e giaceva ancora