Analizzando un papiro medico di circa 3.500 anni e appartenuto per una metà al Museo del Louvre e per l’altra metà alla Collezione di Papiri Carlsberg dell’Università di Copenhagen, da qui il nome “papiro Louvre-Carlsberg”, sono emerse novità davvero inaspettate sulle tecniche d’imbalsamazione utilizzate nell’antico Egitto. Infatti, grazie allo studio su questo prezioso manoscritto, sono state apprese nuove fasi e tecniche finora sconosciute. Ma non solo: siamo di fronte al più antico manuale sulla mummificazione mai scoperto finora.

Lo studio è opera dell’egittologa Sofie Schiødt, della Copenhagen University, la quale, esaminando il testo medico incentrato principalmente su argomenti di erboristeria e malattie della pelle, ha scoperto anche un breve manuale sulla procedura d’imbalsamazione contenente diverse novità tra cui un particolare trattamento per il viso. Secondo il papiro il volto del defunto veniva ricoperto da una pezza di lino rosso impregnata di sostanze aromatiche.

(Illustrazione: Ida Christensen, University of Copenhagen)

Sappiamo bene che nell’antico Egitto le tecniche di mummificazione si sono evolute e  perfezionate sempre più con il passare del tempo, dalla semplice osservazione della natura si era arrivati a considerare l’imbalsamazione una vera e propria arte. Era ritenuta un’arte sacra e la conoscenza del processo era ad esclusivo appannaggio di pochissimi individui, richiedeva infatti conoscenze di anatomia, di chimica e di rituali religiosi. Vista la scarsa quantità di documenti scritti pervenutaci, gli egittologi sono convinti che la maggior parte dei segreti di quest’arte furono trasmessi oralmente da un imbalsamatore all’altro; infatti, fino a questa scoperta, si era a conoscenza di soli altri due testi sulla mummificazione. Possiamo quindi immaginare lo stupore degli egittologi quando hanno capito di avere tra le mani un documento così importante, raro e prezioso.

Molte delle informazioni sulle tecniche di imbalsamazione riportate su questo papiro sono state tralasciate dagli autori degli altri due trattati vergati in un periodo successivo. Sorprende inoltre come in questo manuale le descrizioni siano estremamente dettagliate. Il testo, comunque, sembra voler essere un aiuto a ricordare, quindi era un documento riservato ai soli specialisti del settore che attingevano a questi “appunti” per preparare, ad esempio, ricette di unguenti, per la scelta e l’utilizzo dei vari tipi di bende… anche perché nel trattato non si ha menzione alcuna alle fasi più semplici della mummificazione, come ad esempio dell’essiccazione del corpo con il natron.

Tra le nuove entusiasmanti informazioni che ci fornisce il testo, una riguarda la procedura per imbalsamare il volto del defunto. Vi sono elencati diversi ingredienti che venivano utilizzati per ottenere un rimedio composto in gran parte da sostanze aromatiche di origine naturale e leganti. Gli ingredienti venivano cotti per formare un liquido con il quale gli imbalsamatori impregnavano una pezza di lino rosso che successivamente veniva applicata sul viso con azione antibatterica e profumata. Questo “impacco” veniva ripetuto ogni quattro giorni.

Sebbene questa procedura non sia mai stata identificata fino a questo momento, prima di questa scoperta gli egittologi avevano già esaminato diverse mummie risalenti allo stesso periodo i cui visi, al di sotto del bendaggio, erano coperti di stoffa e resina. Secondo Sofie Schiødt questa evidenza si adatterebbe bene con la procedura del lino rosso descritta in questo manoscritto.

Un altro aspetto rilevante trattato da questo manuale risiede nell’importanza del numero quattro, definito dagli studiosi stessi “il numero chiave” del processo d’imbalsamazione. Infatti il testo specifica chiaramente che l’intero iter è suddiviso in intervalli di quattro giorni, ovvero, gli imbalsamatori lavoravano attivamente sulla mummia ogni quattro giorni, scandendo l’intera durata dell’imbalsamazione in 17 processi rituali. Durante l’intervallo di tempo che divideva una fase dall’altra il corpo veniva coperto con un panno che a sua volta veniva ricoperto di paglia infusa di aromi così da tenere lontani insetti e animali necrofagi. Il processo di imbalsamazione, ci racconta la dott.ssa Schiødt, veniva eseguito in un laboratorio appositamente allestito vicino alla tomba (e in prossimità di un canale del Nilo per i diversi lavaggi che il corpo subiva durante le diverse fasi. Ndr). Secondo il papiro, i classici 70 giorni necessari per preparare il corpo del defunto per l’Aldilà erano suddivisi in due periodi principali: un periodo di essiccazione di 35 giorni e un periodo di bendaggio di altri 35 giorni. Durante il primo periodo il corpo era trattato con il natron sia all’interno che all’esterno e questo trattamento iniziava il quarto giorno, dopo la purificazione e dopo l’estrazione degli organi interni, del cervello e degli occhi. Il secondo periodo era dedicato al bendaggio del defunto con strisce di lino e sostanze aromatiche. E’ proprio a questa seconda fase e alla particolare descrizione del trattamento del viso che fa principalmente riferimento il papiro Louvre-Carlsberg. I 70 giorni avevano poi la seconda suddivisione a cui mi riferivo poco sopra che prevedeva gli intervalli di 4 giorni. Secondo questa procedura la mummia era pronta nel 68° giorno, giorno in cui veniva collocata nel sarcofago; dopodiché gli ultimi due giorni erano dedicati alle attività rituali che avrebbero permesso al defunto di vivere nella Duat.

Frammento del papiro della Carlsberg Collection. (ph. University of Copenhagen)

Come già accennato, parte del manoscritto appartiene al Musée du Louvre e parte all’University of Copenhagen’s Papyrus Carlsberg Collection, ma le due metà del papiro appartenevano originariamente a due collezionisti privati. Il manoscritto è lungo sei metri, il che lo rende il secondo papiro medico più lungo che ci sia giunto dall’antico Egitto; è carente di molte sezioni, ma sulla base della paleografia, ovvero lo studio della forma dei segni, è stato possibile risalire alla sua datazione: approssimativamente 1450 a.C., quindi precede di oltre mille anni gli altri due testi di cui siamo a conoscenza.

Il papiro Louvre-Carlsberg detiene anche un altro primato: contiene il più antico trattato sulle erbe finora conosciuto. Il manuale fornisce anche informazioni e minuziose descrizioni sull’aspetto, sull’habitat, sugli usi e sul significato religioso di una pianta considerata divina e del suo seme, nonché un lungo trattato sui gonfiori della pelle che erano visti come malattie trasmesse da Khonsu, divinità lunare.

Il papiro di proprietà del Louvre è stato pubblicato in una traduzione preliminare da Thierry Bardinet nel 2018 (Médecins et magicient à la cour du pharaon), ma l’edizione definitiva del testo è prevista per il 2022 e vede una collaborazione tra il museo parigino e il Papyrus Carlsberg Collection.

 

Source: Sofie Schiødt, University of Copenhagen

 

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Tiziana Giuliani

Egittofila, sin dall’infanzia appassionata di Antico Egitto, collabora con l’associazione Egittologia.net dal 2010. Ha contribuito alla realizzazione di EM-Egittologia.net Magazine (rinominato poi MediterraneoAntico) seguendone la pubblicazione già dai primi numeri e ricoprendo in seguito anche il ruolo di coordinatrice editoriale. Dal 2018 è capo redattrice di MediterraneoAntico.

Organizza conferenze ed eventi legati al mondo degli Egizi, nonché approfondimenti didattici nelle scuole di primo grado. Ha visitato decine di volte la terra dei faraoni dove svolge ricerche personali; ha scritto centinaia di articoli per la ns. redazione, alcuni dei quali pubblicati anche da altre riviste (cartacee e digitali) di archeologia e cultura generale. Dall’estate del 2017 collabora con lo scrittore Alberto Siliotti nella realizzazione dei suoi libri sull’antico Egitto.

Appassionata di fotografia, insegna ginnastica artistica ed ha una spiccata predisposizione per le arti in genere.

3 Commenti

  1. Questo articolo è falso e tendenzionso. La “ricercatrice” danese non ha scoperto nulla che non fosse già stato pubblicato dal ricercatore francese Thierry Bardinet nella sua pubblicazione per conto delle edizioni Louvre-Kheops des 2018, libro intitolato Médecins et magiciens à la cour du pharaon, dove presenta la trascrizione e la traduzione completa del papiro medico Louvre E32847, che comprende il breve testo consacrato all’imbalsamazione dei grandi personaggi della corte (cap. IV del libro di Th. Bardinet, p. 210-226) di cui è qui questione.
    Citare praticamente alla lettera i risultati delle ricerche altrui senza indicare il nome di chi ha decifrato analizzato per primo il testo è da parte della ricercatrice danese un’appropriazione indebita. Dovreste rettificare il vostro articolo.

  2. Gentile “ciaobella” (perché poi non ha usato il suo nome?)

    Quando pubblichiamo un articolo cerchiamo sempre di controllare le fonti e quando si tratta di una comunicazione che proviene dai canali ufficiali di un ateneo, in genere tendiamo a fidarci.
    Il nostro articolo si basa infatti su una news pubblicata sul sito ufficiale della University of Copenhagen e ci è parso sufficiente per crederlo veritiero.
    Per altro ci sorge un dubbio: ma lei l’ha letto per intero l’articolo che abbiamo pubblicato?
    Perché alla fine citiamo proprio l’autore e il libro a cui lei fa riferimento, annunciando la pubblicazione di un nuovo testo definitivo nel 2022, che nasce proprio da una collaborazione tra il Louvre e la Carlsberg Collection, che come certo saprà è legata a doppio filo con la University of Copenhagen.
    Le pare possibile che in questo spirito di proficua collaborazione con all’orizzonte un progetto congiunto, l’università danese possa compiere un atto di plagio così evidente ed offensivo nei confronti di uno studioso e del prestigioso ente che rappresenta, cioè il Louvre?

    Secondo noi no e quindi crediamo che sia da prendere per buono quanto è affermato nella stessa news: “The Louvre papyrus has been published in a preliminary translation by Thierry Bardinet in 2018 (Médecins et magicient à la cour du pharaon), but the final text edition is planned for 2022 as a collaboration between the Louvre Museum and the Papyrus Carlsberg Collection”.

  3. Gentile Paolo Bondielli,
    purtroppo è così, il comunicato dell’Università di Copenhagen è erroneo su diversi punti, non ultimo la ripartizione del Papiro tra le due entità interessate, cito alla lettera: “one half of the papyrus belongs to the Louvre Museum in Paris and the other half is part of the University of Copenhagen’s Papyrus Carlsberg Collection.” In realtà il Louvre possiede 80% del testo (8 fogli recto-verso) e Carlsberg 20% (tre fogli recto/verso). Già questa falsa informazione disqualifica il comunicato. Quanto alle osservazioni della ricercatrice danese, esse provengono pari pari dal libro di T. Bardinet, che sia il tessuto sul viso o la cronologia della procedura d’imbalsamazione, frutto di uno studio accurato e di una lunga analisi di questo testo specifico già pubblicata nel 2012 in un articolo di T. Bardinet (Hérodote et le secret de l’embaumeur, Mélanges Yoyotte 2012). La Signora Schiodt se le attribuisce senza remore, e senza alcun riguardo.
    Le accludo il comunicato delle edizioni Kheops che hanno pubblicato per il Louvre la prima trascrizione traduzione e commento del Papiro E32847 (che, sia detto per inciso, è un papiro medico e non una summa funeraria o teologica) :

    “Fonds Khéops pour l’archéologie
    le 08/03/2021, 10:10

    Le papyrus médical Louvre E32847 n’est pas inédit ! En effet, il a fait l’objet de deux publications : en 2012, lors de son acquisition par le musée du Louvre (grâce au mécénat de la Fondation Ipsen), puis en 2018, dans une étude de Thierry Bardinet “Médecins et magiciens à la cour de pharaon” (coédition Louvre/éditions Khéops) proposant une transcription hiéroglyphique, une traduction et un commentaire. La nouvelle étude de la jeune Melle Schiodt a largement bénéficié de cette publication !”

    Creda che mi dispiace dover attirare l’attenzione su tali pratiche, ma si rassicuri, il conflitto se mai esiste non è tra il Louvre e Copenhagen ma piuttosto tra i due enti riuniti in “proficua collaborazione” e un ricercatore indipendente da entrambe le istituzioni e che rappresenta solo se stesso.

    Quindi mi firmo in extenso
    Maria Laura BROSO
    Laureata in Egittologia alla Sapienza, relatore Sergio Donadoni correlatore Mario Liverani.

    (così si fa anche un’idea della mia età, ahimé…)

    Cordialmente

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